martedì 27 aprile 2010

Miseria e nobiltà (dello scrivere)

Scrivo perché devo, perché è inevitabile, perché senza morirei, se non nel corpo, almeno nella mente. Scrivo e sono sempre orgogliosa di quello che scrivo mentre lo scrivo, a volte meno dopo che l’ho scritto, ma mai mi pento di aver scritto.

Scrivo e non so se lo faccio per me, per gli altri (ma quali altri, poi?), scrivo e basta perché abbiamo la testa già piena di domande e non m’interessa sapere per chi o perché lo faccio.

Sì, scrivo, e vorrei poter vivere di questo. Non credo che l’essere pagati renda meno nobile l’essere scrittori. Credo però che il pagare per farsi pubblicare renda misero e ignobile il proprio lavoro, seppur buono, seppur ben scritto.

Lotterò sempre, con le unghie e con i denti, così che se mai scriverò qualcosa di meritevole questo venga letto da tutto il mondo. Lotterò, appunto. Non corromperò né mi farò corrompere, perché questo non è lottare, è arrendersi.

Proverò ogni strada possibile, mi arrampicherò sui vetri, scalerò ogni montagna che incontrerò lungo il cammino, ma mai pagherò.

Perché da bravo soldato preferisco morire sul campo che essere fatta prigioniera. Meglio pulire i cessi che prostituirsi. Finchè potrò scegliere altre strade, le sceglierò. Quando le avrò provate tutte, e non sarò arrivata a nulla, riconoscerò la mancanza di talento, di appeal, di fortuna, di qualunque cosa possa servire per poter essere scrittrice ed essere pubblicata. Incasserò il colpo, e continuerò a scrivere con quella consapevolezza, ma con l’orgoglio intatto.

Perché i sogni, almeno quelli, non sono in vendita.

Avrò davvero pochissima comprensione nei confronti di coloro che hanno messo mano al portafoglio. Posso considerare le attenuanti dell’ignoranza in materia o dell’età, ma nient’altro. Chi paga per farsi pubblicare insulta il proprio lavoro e alimenta un mercato ignobile.

Io non ci sto.

Io sto con i miei personaggi, con le mie storie, con i miei titoli che non vanno mai abbastanza bene, con le mie sinossi mai abbastanza soddisfacenti. Sto con i miei romanzi quasi orfani di lettori, ma che amo profondamente e che non darò in pasto a gente che non si finge nemmeno venditore.

Truffatori.

Io non ci sto.

Piuttosto che dar soldi a questa gente lancio le mie cose su internet, lì dove ognuno sarà libero di farne quello che vuole. E’ gratis, non costa nulla se non un click. Mesi di passione scaricabili in pochi istanti. Ma dato che scindere passioni e vocazioni è oramai per me impossibile, chi vorrà potrà fare un’offerta libera a Gli amici di Gattone, la mia onlus, la mia seconda anima. Ormai ho deciso, e non torno indietro. Non mi spaventa per niente mettere i miei romanzi sul web. Un po’ perché le probabilità che qualcuno che non conosco lo scarichi e lo legga sono davvero poche, un po’ perché tutto sommato è nella natura di un romanzo l’ essere divulgato.

Il sito è quasi pronto. Jessica è con me. Daremo spazio a chi come noi ce la mette tutta (ma non sborsa soldi), ogni tanto busseremo alla porta di chi ce l’ha fatta (altrimenti ci viene la depressione!), esprimeremo opinioni (anche se la sezione si chiamerà recensioni...ma saranno opinioni, semplici e soggettivissime opinioni) e faremo informazione.

Forse non ci seguirà nessuno, ma non è importante. L’importante è battere anche questa strada. L’importante è divertirsi. L’importante è non arrendersi.

martedì 20 aprile 2010

Giustizia

Credo di conoscere i cani, di poter prevedere le loro reazioni. Invece no, loro mi stupiscono.

Forse l'avete visto, a Striscia, il servizio su quel casolare di Cuneo nel quale un ragazzone di 200 kg teneva (tiene??) gli animali in condizioni terribili, senz'acqua, senza cibo, a catene cortissime e senza riparo.

Il mitico Edoardo Stoppa alla fine del servizio ha ottenuto la liberazione dalla catena dei cani. E queste bestiole che hanno passato l'inverno legate, sotto la neve e senz'acqua, cos'hanno fatto appena liberate? Le feste. Sì, hanno preso a saltare e scodinzolare intorno ai carcerieri, ai torturatori, agli schifosi bastardi.

Perchè poi il cane è così: riconoscente, anche quando non avrebbe motivo di esserlo. Hanno a modo loro ringraziato il "padrone" per il meraviglioso dono della libertà, senza capire che la libertà non è un dono ma un diritto. Erano felici, quei cani.

Ma io voglio vederli felici lontani da lì, da quel ragazzone e da quel posto schifoso. Loro sono felici, ma a me non basta. Io vorrei un po' di giustizia. Giustizia per quei cani, per i bambini violati, per me, per le persone cui voglio bene. Giustizia per tutti coloro che stanno male e non lo meritano. Giustizia, se non umana, almeno divina.

mercoledì 14 aprile 2010

Le motivazioni del bello

Questo è un periodo brutto e bello allo stesso tempo. Lasciando da parte le motivazioni del “brutto” che sono più o meno le stesse di ¾ d’Italia (niente lavoro, niente soldi, poche prospettive), vorrei raccontare le motivazione del “bello”.

Sto portando avanti con la mia amica Jessica un progetto: un progetto tutto sommato non originale né innovativo, non è qualcosa di mai letto o mai visto, ma è comunque qualcosa di profondamente sentito. E’ quasi pronto, nel giro di qualche giorno il sito (esistono ancora progetti che non passano per il web??) sarà ufficialmente inaugurato. Contiene non solo le nostre fatiche letterarie (gratuitamente scaricabili, ma sarà data la possibilità a chi lo desidera di donare qualche centesimo alla ONLUS Gli amici di Gattone), ma anche le nostre opinioni e le nostre interviste. Le opinioni saranno riportate sotto la voce recensioni, ma sarà più per convenzione che per altro: non siamo critiche, siamo solo lettrici, e lo specificheremo per bene. Ma quello che più di tutti ci preme è far parlare di esordienti e gli esordienti (solo coloro che non hanno pagato le case editrici per pubblicare). Ovviamente non mancheranno nemmeno i nomi più noti (almeno nelle opinioni, non sappiamo quanti di loro accetteranno di rispondere alle nostre domande per le interviste) e grazie alla conoscenza di Jessica delle lingue straniere tenteremo di uscire dai confini per raggiungere anche l’estero.

Ma vorremmo fare anche un po’ di informazione, e nel blog non mancheranno post e articoli di moda, manga (questi li fa Jessica, io sono troppo ignorante in materia), animalismo (questi ovviamente saranno miei!) e tutto ciò che può essere culturalmente interessante o stimolante. Non sempre saranno articoli rigidi, un po’ di sano buonumore è indispensabile, ma avranno sempre di fondo un qualcosa da dire.

Il sito è visivamente piuttosto semplice e non sarà appesantito da immagini che rendono difficile la fruizione. Diciamo anche che io e lei non saremmo in grado di gestire un sito troppo complesso, ricco di moduli e immagini, ma noi siamo ancora convinte che il contenuto conti più del contenitore. Vedremo come andrà, in ogni caso la cosa mi rende felice e questo è quel che conta, soprattutto in momenti economicamente complessi.

martedì 13 aprile 2010

Week end con l'editor

Vi dirò qualcosa che io avrei voluto dicessero a me: se il vostro editor è donna, madre e moglie e quindi probabilmente una buona cuoca, e un bel giorno vi invita per un fine settimana a casa sua, beh, prima di partire osservate 3 giorni di digiuno; eviterete così di ingrassare 1 kg in 3 giorni.

Ciò detto, passiamo a qualcosa di molto piacevole.

Il paesaggio: ero a Buja, località collinare in provincia di Udine. In quei tre giorni, là, è stato primavera a tutti gli effetti: il venerdì c’erano 25 gradi, il sole ci ha sempre fatto l’occhiolino e ho potuto godere appieno dei doni che la natura riserva a chi passa da quelle parti.

Credo davvero che il contesto naturalistico abbia dato un impulso non indifferente alla mia scrittura. Sono infatti partita con il portatile, ma poco fiduciosa: ero arrivata a un punto del romanzo abbastanza critico, nel quale la vicenda si doveva snodare in una qualche direzione ma nessuna di quelle intraviste fino a quel momento mi soddisfaceva. Eppure, già il secondo giorno, mi sono seduta alla scrivania di Mattia (figlio ventenne di Silva, la mia editor, ovvero la mai madrina), ho acceso il pc e senza nessunissimo sforzo il mio personaggio ha creato una situazione nuova, inaspettata e che mi aggrada ben di più di quelle che mi ero prospettata prima di partire. Il tutto senza il minimo piano: semplicemente mi sono seduta e ho scritto senza sapere cosa sarebbe saltato fuori. Grazie quindi alle colline di Buja e all’ospitalità di Silva, che hanno incnsapevolmente sciolto i nodi della mia trama.

Ho potuto bearmi di un contesto nel quale si può parlare di cinema e letteratura con toni che passavano dall’ironico al serio passando per il critico: tutte le declinazioni del piacere, per quanto mi riguarda.

Ho visto posti molto belli, a volte tristemente sfregiati non solo dal terremoto degli anni 70 che ha lasciato cicatrici, ma anche da una certa dose di menefreghismo e ignoranza tipici non tanto dell’uomo quanto dell’uomo politico. Insomma, ero pur sempre in Italia, no?

Il cibo è di certo stata un’altra piacevole parentesi: Silva non ha mancato di mettere in tavola pietanze friulane, tanto buone quanto caloriche, ma ne è valsa la pena, ve l’assicuro.

In tutto questo la mia editor ha anche trovato il tempo di fare una presentazione della sua raccolta “Racconti dal Sottobosco” (collana Fiabetica, la stessa de L’esercito di Gaia), che è stata un successo: tanti bambini in sala, ma anche tanti adulti che hanno gradito le letture ben gestite dai volontari con copricapo a tema e accompagnamento musicale. E non poche copie sono state vendute: anche questo è un successo, dico bene?

Il ritorno a casa non mi lascia solo 1 chilo in più in corpo e qualche specialità friulana in frigo: mi lascia anche un’esperienza stimolante e piacevole, condivisa con persone squisite. Su di loro non mi dilungherò oltre: ci sono cose che anche uno scrittore preferisce tenere per sé.

giovedì 8 aprile 2010

La differenza che c'è tra lite coniugale e violenza domestica

Voglio il porto d’armi chiaramente non per andare a caccia, essendo io animalista. O, quantomeno, non per andare a caccia di animali. MA dopo quanto accaduto stanotte, io ammetto candidamente di sentirmi più sicura con un’arma a portata di mano. In casa non ho bambini, rischi non ce ne sono. Mio padre può darmi tutte le dritte necessarie per non fare cazzate.

Ma cosa è successo? E’ successo che stanotte ho chiamato il 113. In tanti anni non era mai capitato che nel mio condominio si giungesse a tanto. Anzi, in tanti anni nel mio condominio non è mai successo proprio niente di niente. Al massimo una grigliata di carne non autorizzata in cortile.

Invece stanotte è successo qualcosa che io reputo gravissimo. Tornata a casa dal mercoledì letterario in compagnia di Jessica, entro in casa e mi infilo il pigiama. Tempo 10 minuti e i vicini di casa (che sono di colore, e se volete darmi della razzista per questa puntualizzazione fate pure) hanno iniziato a sbraitare come bestie. Che uno dice, capita. Sti cazzi! Penso abbiano semidistrutto l’appartamento a forza di prendersi a mazzate, ma il culmine l’hanno raggiunto quando lei è scappata nel pianerottolo invocando aiuto con disperazione e paura. A quel punto ho chiamato il 113, impaurita quasi quanto lei.

So che ve lo state chiedendo: come hai potuto, Giulia, non aprire la porta e accertarti di quanto stava accadendo? E se lei era ferita?

Sapete che vi dico? Se lo pensate è perché non vi siete mai trovati nella mia situazione. Ho pensato che se aprivo la porta due noci in faccia me le sarei prese pure io, ma nella peggiori della ipotesi lui poteva anche essere armato! Anche un frammento di vetro o un coltello da cucina sono armi, e possono far male e uccidere.

Insomma, ho chiamato le forze dell’ordine (sono stata l’unica!!) che sono arrivate qualche minuto dopo.

A quel punto ho sentito la ramanzina (“qua i vostri vicini devono dormire!”), la richiesta dei documenti e via discorrendo. Lei ancora gridava e piangeva. Poi i poliziotti sono andati via, e i due hanno ripreso a urlare. Quindi, io ho richiamato. Ecco la telefonata:

io: “ Pronto, sono sempre io, l’inquilina di via xxx...”

loro: “Sì, che c’è? Siamo appena andati via!”

i: “Ma hanno ricominciato a litigare! Urlano come bestie!”

l: “Senta, è una lite coniugale, che dobbiamo fare?”

i: “Tornate! Io sono in casa da sola!”

l: “Eh, mica è colpa nostra se lei è in casa da sola!”

i: “....”

Fatto sta che i poliziotti mi hanno detto di non scassare le palle (in altri termini, ma il senso era quello), e io non ho chiuso occhio. Dopo un po’ è sceso il silenzio, credo che lui sia andato via di casa.

Stamattina sul MIO pianerottolo davanti alla MIA porta ho trovato delle gocce di sangue. Alla faccia della lite coniugale, cazzo!